Come è noto la Riforma della Giustizia, di fatto ancora work in progress, ha comportato una sostanziale modifica del Processo penale, a partire dalla durata dei giudizi. È riconosciuto che la Giustizia italiana abbia un passo da lumaca e che gli arretrati siano numerosi. Per accelerare e dare una svolta, si è pensato di agire in più modi, ad esempio imponendo termini certi sia alla durata dell’appello che a quello delle indagini. Va fin da subito precisato che l’obiettivo ambizioso del ministro Cartabia, cioè la riduzione del 25% della Durata dei procedimenti, non verrà raggiunto immediatamente. La Riforma, infatti, consiste in una Legge delega che dovrà essere attuata dai decreti legislativi emanati dal Governo. Per la “Prescrizione processuale” dalla decorrenza della Riforma sarà di quattro anni. La nuova prescrizione processuale è chiaramente ispirata dall’esigenza di dare attuazione al principio di ragionevole durata del processo, ma il disposto normativo non sempre appare in linea con questo obiettivo di fondo. L’accelerazione dei tempi della Giustizia non riguarderà, invece, i reati più gravi, cioè quelli di mafia, terrorismo, violenza sessuale e traffico internazionale di stupefacenti, per i quali sono previsti tempi più dilatati.
Riforma giustizia: quanto durano le indagini?
La Riforma della Giustizia modifica i tempi di durata delle indagini preliminari, prevedendo come termine massimo:
- sei mesi per le contravvenzioni;
- un anno per i delitti;
- un anno e mezzo per alcuni gravi delitti.
Viene comunque ammessa la possibilità di una sola proroga di sei mesi, giustificata dalla complessità delle indagini. In caso di superamento del termine massimo di durata è previsto che il pubblico ministero [Pm] tolga il Segreto istruttorio dagli atti d’indagine, i quali quindi potranno essere visionati sia dall’indagato che dalla persona offesa.
Questo meccanismo, sebbene non incida direttamente sulla durata delle indagini, consente alle parti [indagato e vittima] di sollecitare il Giudice per le indagini preliminari [Gip] affinché intervenga per indurre il Pm a prendere le sue determinazioni [archiviazione o richiesta di rinvio a giudizio].
Priorità ai reati più gravi
La riforma della giustizia a firma Cartabia prevede una “corsia preferenziale” per i reati più gravi, come ad esempio quello di Associazione mafiosa. In presenza di questi gravi delitti, le Procure italiane devono garantire un tempestivo esercizio dell’Azione penale, in modo tale che i procedimenti non subiscano inutili rallentamenti. Questo punto della riforma potrebbe però rivelarsi controproducente: dando precedenza ad alcuni reati piuttosto che ad altri, si rischia di avere vittime di serie A e vittime di serie B, queste ultime destinate a non avere giustizia.
Riforma della giustizia: accelerare i tempi con i riti alternativi
La Riforma della Giustizia si propone di accelerare i tempi della Giustizia incentivando il ricorso ai riti alternativi, cioè a quei procedimenti speciali che consentono di addivenire alla definizione del processo in poco tempo. Per quanto riguarda il Patteggiamento, la riforma prevede che, quando la pena detentiva da applicare supera i 2 anni, l’accordo tra imputato e Pm si estenda anche alle Pene accessorie e alla confisca facoltativa, riducendo al contempo gli effetti extra-penali della condanna, prevedendo che questa non abbia efficacia nel Giudizio disciplinare e in altri casi.
Inoltre, per le contravvenzioni, il patteggiamento potrà comportare la riduzione della pena applicabile fino alla metà [e non più fino a un terzo]. Per quanto riguarda il Giudizio abbreviato, la riforma prevede che la pena inflitta sia ulteriormente ridotta di un sesto nel caso di mancata proposizione di impugnazione da parte dell’imputato. In pratica, l’imputato condannato, oltre alla riduzione della pena di un terzo, avrà diritto a un’ulteriore diminuzione [pari a un sesto] nel caso in cui rinunci a fare appello. Si tratta di un incentivo volto ad evitare inutili impugnazioni. Infine, la Messa alla prova sarà estesa sino a ricomprendere i reati sanzionati con pena fino a sei anni.
Riforma della Giustizia: più reati a citazione diretta
Sempre nella prospettiva di ridurre i tempi dei giudizi, la Riforma limita l’obbligo di svolgimento dell’Udienza preliminare attraverso l’estensione del catalogo dei reati con Citazione diretta davanti al Tribunale in composizione monocratica, individuandoli tra quelli puniti con pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni.
Riforma della Giustizia: più reati procedibili a querela
La riforma della giustizia punta ad ampliare il Catalogo di reati procedibili a querela, cosicché i procedimenti penali si celebreranno solamente in presenza di un effettivo interesse della vittima a ottenere giustizia.
Riforma: estensione della particolare tenuità
Per favorire la definizione immediata di procedimenti che hanno ad oggetto fatti obiettivamente non gravi, la Riforma della Giustizia prevede l’estensione dell’esclusione della punibilità per particolare tenuità ai reati puniti con pena non superiore nel minimo a due anni.
La Prescrizione processuale
Infine, uno dei punti più discussi della Riforma della Giustizia: la Prescrizione processuale. Com’è noto, a seguito della Riforma entrata in vigore nel 2020, la prescrizione dei reati si sospende definitivamente una volta pronunciata la sentenza di primo grado [indifferentemente di condanna o di assoluzione]. Per evitare che, adagiandosi sul fatto che la prescrizione non può più scattare, i giudizi d’Appello e in Cassazione possano durare una vita intera, la riforma Cartabia ha introdotto una speciale prescrizione processuale: in Appello i processi dovranno durare due anni e in Cassazione uno, con la possibilità che i procedimenti più complessi arrivino rispettivamente fino a tre anni e a diciotto mesi. La Riforma prevede però che per i reati più gravi [mafia, terrorismo, violenza sessuale e traffico di droga] il Giudice possa chiedere ulteriori proroghe di un anno. Se i termini sopra visti non vengono rispettati, il processo si ferma, diventando “improcedibile“. In ultima analisi, la Durata massima dei processi è
- 3 anni per i procedimenti in primo grado
- 2 anni per i procedimenti in appello
- 1 anno per i procedimenti in Cassazione
In media, la durata totale di un processo con rito ordinario in Italia è di circa 840 giorni.
Novembre 2024 – Fonte AI
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