Le Certificazioni ESG della sostenibilità

on 4 Marzo 2025

Le certificazioni ESG [Environmental, Social e Governance] sono una serie di standard operativi a cui si devono ispirare le nuove strategie di un’azienda. Queste certificazioni valutano la sostenibilità delle organizzazioni, in particolare la loro capacità di allinearsi ad una serie di requisiti fondamentali per lo sviluppo sostenibile dal punto di vista economico, ambientale, sociale e di governance aziendale.

Le tre dimensioni della sostenibilità

ESG è un acronimo che si riferisce a tre dimensioni della sostenibilità: quella ambientale, quella sociale e quella della governance [Environmental, Social, Governance]. Nella sfera Ambientale [E] rientrano i servizi di valutazione che esaminano il modo in cui un’organizzazione contribuisce alla tutela e alla gestione dell’ambiente. Nella sfera Sociale [S] rientrano i servizi di valutazione che esaminano l’impatto e la relazione di un’organizzazione con il territorio, con le persone, i dipendenti, i fornitori, i clienti e, più in generale, con le comunità con cui opera o con cui è in relazione. Nella sfera della Governance [G] rientrano i servizi di valutazione della strategia di un’organizzazione.

Sviluppo Sostenibile

In sintesi, le certificazioni ESG sono uno strumento importante per valutare la sostenibilità delle organizzazioni e per allinearsi ai requisiti fondamentali per lo sviluppo sostenibile. Queste certificazioni prendono in considerazione aspetti economici, ambientali, sociali e di etica che si intrecciano in un circolo virtuoso.

Come ottenere la certificazione ESG?

La sostenibilità ambientale, sociale e di governance [ESG] è diventata un tema centrale nel mondo degli affari e degli investimenti. Le aziende che dimostrano un forte impegno verso tali principi possono ottenere la certificazione ESG, che è un riconoscimento importante per il loro impegno verso la sostenibilità.

Comprendere i criteri ESG

Prima di intraprendere il processo di certificazione ESG, è fondamentale avere una comprensione approfondita dei criteri ESG e dei principali standard esistenti, come il Global Reporting Iniziative [GRI], lo United Nations Global Compact [UNGC] e lo Sustainability Accounting Standards Board [SASB]. Questi standard forniscono linee guida sulle aree chiave della sostenibilità e su come misurare le performance aziendali in tali ambiti.

Condurre una valutazione interna

Una volta compresi i criteri ESG, è importante condurre una valutazione interna per comprendere lo stato attuale delle performance ESG dell’azienda. Questa valutazione può coinvolgere l’analisi dei dati finanziari, l’identificazione dei rischi ambientali e sociali, l’efficacia delle politiche di governance e l’analisi dell’impatto delle attività aziendali sulle parti interessate.

Sviluppare una strategia ESG

Sulla base dei risultati della valutazione interna, è possibile sviluppare una strategia ESG mirata. Questa strategia dovrebbe stabilire obiettivi e iniziative specifiche per migliorare le performance aziendali in ambito ambientale, sociale e di governance. Ad esempio, potrebbe includere l’implementazione di politiche di riduzione delle emissioni di carbonio, l’adozione di pratiche di gestione responsabile della catena di fornitura o l’incremento della diversità e dell’inclusione all’interno dell’organizzazione.

Implementare misure e monitoraggio

Una volta definita la strategia, è necessario implementare le misure pianificate e monitorarne i risultati nel tempo. Ciò può comportare la raccolta di dati specifici, l’implementazione di sistemi di monitoraggio e l’integrazione di processi e procedure sostenibili all’interno delle attività aziendali quotidiane.

Certificazione ESG

Dopo aver raggiunto risultati significativi nelle performance ESG, è possibile avviare il processo di certificazione. Ci sono diverse organizzazioni che offrono la certificazione ESG, ognuna con i propri requisiti e criteri di valutazione. È importante selezionare una certificazione riconosciuta e affidabile che sia in linea con gli standard e le aspettative del settore.

Comunicazione e trasparenza

Una volta ottenuta la certificazione ESG, è fondamentale comunicare i risultati in modo trasparente agli stakeholder pertinenti. Ciò può essere fatto attraverso la pubblicazione di rapporti di sostenibilità, la partecipazione ad iniziative di divulgazione e l’inclusione di informazioni ESG nei materiali di comunicazione aziendale.

La certificazione ESG rappresenta un importante riconoscimento per le aziende che si impegnano verso la sostenibilità. Seguendo i passi descritti sopra e dimostrando un solido impegno verso l’ESG, le aziende possono non solo contribuire a un futuro più sostenibile, ma anche ottenere benefici tangibili come l’attrazione di investitori responsabili e una maggiore reputazione nel mercato.

Chi rilascia certificazioni ESG?

Le certificazioni ESG, che attestano l’impegno delle aziende verso la sostenibilità ambientale, sociale e di governance, vengono rilasciate da diverse organizzazioni indipendenti e specializzate nel settore. Alcune delle più riconosciute a livello internazionale includono:

01. Global Reporting Initiative [GRI]

Il GRI è un’organizzazione senza scopo di lucro che promuove la divulgazione di informazioni sull’impatto ambientale, sociale e di governance delle aziende. Il GRI fornisce linee guida e standard per la preparazione di rapporti di sostenibilità e non emette certificazioni, ma aiuta le aziende a sviluppare e migliorare le loro performance ESG.

02. Carbon Disclosure Project [CDP]

Il CDP è un’organizzazione internazionale che richiede alle aziende di divulgare le loro emissioni di gas a effetto serra e le strategie per affrontare i cambiamenti climatici. Le aziende che partecipano al CDP ricevono un punteggio di trasparenza e di azione climatica, ma non una certificazione specifica.

03. B Corporation

Le aziende che ottengono la certificazione B Corporation dimostrano di rispettare rigorosi standard di responsabilità sociale e ambientale. Questa certificazione è rilasciata dall’organizzazione no-profit B Lab, che valuta le performance delle aziende in diversi ambiti, come la governance, l’impatto ambientale e l’impatto sociale.

04. Agenzie di rating

Alcune agenzie di rating indipendenti, come Moody’s, S&P Global e MSCI, valutano anche le performance ESG delle aziende. Queste agenzie utilizzano metriche specifiche per assegnare un punteggio o una valutazione alle aziende in base al loro impegno e alle performance in ambito ESG.

Quanto costa la certificazione ESG?

I costi per ottenere una certificazione ESG possono variare a seconda dell’organizzazione che la rilascia e del tipo di certificazione richiesta. In generale, i costi associati alla certificazione ESG possono includere:

01. Tariffe di domanda

Alcune organizzazioni potrebbero richiedere una tariffa di domanda per iniziare il processo di certificazione. Questa tariffa può coprire l’analisi iniziale e la valutazione della documentazione presentata dall’azienda.

02. Tariffe di valutazione

Una volta avviato il processo di certificazione, possono essere addebitate tariffe di valutazione per l’analisi delle performance ESG dell’azienda. Queste tariffe possono variare a seconda della complessità dell’azienda e delle sue operazioni.

03. Tariffe di monitoraggio

Alcune certificazioni ESG richiedono un monitoraggio continuo delle performance dell’azienda nel tempo. In questi casi, possono essere applicate tariffe di monitoraggio periodiche per verificare il mantenimento degli standard ESG.

È importante notare che i costi della certificazione ESG possono essere variabili e dipendono dalle specifiche esigenze e dimensioni dell’azienda. È consigliabile contattare direttamente l’organizzazione di certificazione ESG prescelta per ottenere informazioni accurate sui costi.

Chi ha l’obbligo di redigere il bilancio di sostenibilità?

La redazione del Bilancio di sostenibilità, che documenta le performance ambientali, sociali e di governance di un’azienda, non è obbligatoria per tutte le imprese. Tuttavia, negli ultimi anni, è diventata una pratica sempre più diffusa e un’aspettativa del mercato per molte aziende, in particolare quelle che operano in settori ad alto impatto ambientale o che cercano di dimostrare il loro impegno verso la sostenibilità.

In alcuni Paesi, come l’Unione Europea, esistono obblighi di divulgazione specifici per alcune aziende. Ad esempio, la Direttiva europea sulla comunicazione di informazioni non finanziarie richiede a determinate società di redigere rapporti di sostenibilità che includano informazioni sull’impatto sociale, ambientale e di governance delle loro attività. Questa direttiva si applica alle grandi imprese di interesse pubblico e ad altre società che superano determinati requisiti.

Oltre agli obblighi di divulgazione legale, molte aziende scelgono volontariamente di redigere un Bilancio di sostenibilità per dimostrare trasparenza e responsabilità verso gli stakeholder. Questo può fornire vantaggi come un maggiore coinvolgimento degli investitori, una migliore reputazione aziendale e una gestione proattiva dei rischi e delle opportunità legati alla sostenibilità.

Mentre la redazione del bilancio di sostenibilità non è obbligatoria per tutte le aziende, sta diventando sempre più importante e richiesta nel contesto attuale, in cui la sostenibilità e la responsabilità aziendale sono diventate priorità per molte organizzazioni. Le grandi imprese di interesse pubblico e le società che superano determinati requisiti legali sono spesso tenute a redigere rapporti di sostenibilità conformemente alle normative vigenti. Tuttavia, molte altre aziende scelgono volontariamente di redigere il bilancio di sostenibilità per dimostrare il loro impegno verso la sostenibilità e rispondere alle crescenti aspettative degli stakeholder. Indipendentemente dagli obblighi di divulgazione legale, la redazione del bilancio di sostenibilità offre numerosi vantaggi per le aziende. Attraverso la documentazione e la comunicazione delle performance ESG, le aziende possono migliorare la propria reputazione, attrarre investitori responsabili, soddisfare le richieste dei clienti orientati alla sostenibilità e gestire i rischi aziendali in modo più efficace.

gianni-milaneseMarzo 2025 – Fonte IA

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Stefano MIlaneseLe Certificazioni ESG della sostenibilità

L’incertezza nella Supply Chain

on 9 Giugno 2024

Instabilità, incertezza, ritardi delle forniture, rincari delle materie prime sono termini a cui, anche i non addetti ai lavori, negli ultimi anni si sono abituati. D’altronde le conseguenze di questi fenomeni si fanno sentire anche nella vita privata di tutti noi. La loro entità è ben sintetizzata dal report sottostante di JP Morgan.

Week Ahead Economic Preview: Week of 2 May 2022 | IHS Markit

Analizzando l’andamento degli ultimi vent’anni ed a voler essere critici, si potrebbe affermare che, seppur con motivazioni ed entità differenti, questi fenomeni non siano del tutto nuovi. Ciononostante, è indubbio che attualmente la maggior parte delle aziende si sia fatta trovare impreparata e stia attraversando un periodo di crisi. Non dimentichiamo che “crisi” (dal greco krisis) ha anche il significato di scelta o cambiamento. Quindi vediamo come le aziende stanno affrontando questa crisi, quali azioni stanno attuando per tentare di minimizzare gli effetti negativi di questa situazione.

Innanzitutto, analizzando la curva gialla del suddetto grafico si evince anche un apparente lato positivo, ossia l’aumento dell’ordinato da parte delle aziende, che potrebbe far pensare ad una domanda in crescita. In realtà questo dato spiega la principale misura con cui le aziende stanno fronteggiando questa crisi, ossia l’aumento delle scorte (o il tentativo di aumentarle) soprattutto sui prodotti con un lungo ciclo di approvvigionamento. Questa conclusione è deducibile anche dal grafico sottostante che mostra l’aumento del livello di scorte (di sicurezza) da parte delle aziende.

Global raw material inventories

Possiamo considerare questa risposta da parte delle aziende come assolutamente comprensibile. Nel breve periodo, derogare ai principi lean di gestione dei magazzini, consente (nel momento in cui lo stock si sarà costituito) di migliorare la capacità di reazione in caso di necessità.

Tale azione, tuttavia, non è esente da insidie. Innanzitutto, il rischio principale è che, considerato l’elevato backlog manifatturiero-logistico, lo stock si costituisca solo nel momento in cui questo non sia più strettamente necessario. Inoltre, se all’aumento delle scorte sommiamo anche il succitato aumento dei prezzi risulta immediato il potenziale rischio a livello finanziario da parte delle aziende. Infatti, pur immaginando un conseguente rincaro dei prezzi finali, rimane insoluto il problema legato ad un ciclo monetario sbilanciato. In ultima analisi l’aumento degli ordinativi nel tentativo di aumentare le scorte di sicurezza si potrebbe considerare anche come un’alterazione fittizia della reale domanda di mercato che sappiamo genera complessivamente un ulteriore peggioramento della reattività della supply chain. Analoghe riflessioni si potrebbero fare relativamente alle misure attuate dal governo italiano (Superbonus) ad (apparente) sostegno del settore edilizio. Aumento incontrollato dei prezzi (a scapito della comunità) ed impossibilità di reperire sufficiente manodopera da parte di chi realmente necessità di opere edilizie sono le vere dirette conseguenze che queste manovre, a mio personale avviso, hanno portato. 

Altre attività che potrebbero agevolare in questo momento sono proprio le basi che stanno dietro al concetto di Supply Chain. Ricordiamo che il termine non è nato semplicemente come una traduzione anglofona di logistica, bensì per ribadire l’importanza di integrazione e collaborazione tra le aziende all’interno della stessa filiera. Condividere i rischi di fornitura e gestire previsioni collaborative di medio-lungo termine con i fornitori oggi è più che mai è importante in quanto è dimostrato che si tratta di attività che permettono di mitigare l’instabilità lungo la supply chain. Altra attività di contenimento dei rischi è sicuramente l’inserimento in fase contrattuale di clausole di indicizzazione dei prezzi di acquisto al fine di avere un controllo analitico e meno isterico dell’andamento dei prezzi di acquisto e mettersi al sicuro dai rischi di mancate forniture. Per quanto riguarda la negoziazione dei contratti di trasporto, ricordiamo che l’indicizzazione dei prezzi sulla base delle quotazioni del carburante risulta attività obbligatoria per legge.

Al pari della precedente, la diversificazione delle fonti di fornitura rappresenta forse la più classica strategia di minimizzazione del rischio, almeno nei casi di quelle forniture che non necessitino di elevati costi di set up.  

Altre leve che alcune aziende da tempo stanno tentando di attivare sono quelle di accorciare la supply chain e il reshoring. Si tratta di un fenomeno opposto alla globalizzazione delle forniture.

Ovviamente, prima di avvicinare la produzione alla regione della domanda, è necessario anche in questo caso interrogarsi sulla sostenibilità finanziaria di questa delocalizzazione.

Un esempio che possiamo citare in questo senso è quello di Ikea che negli ultimi mesi ha sia attuato un riposizionamento di parte della produzione di mobili dall’Asia all’Europa sia ha messo in partica saltuariamente la strategia di noleggiare direttamente alcune navi portacontainer per avere un maggior controllo su una fase estremamente critica della supply chain. Tale attività ovviamente può risultare attuabile, seppur saltuariamente, da gruppi delle dimensioni di Ikea e non dalla maggior parte delle aziende. Tuttavia, ritengo che per la maggior parte delle aziende, tanto più in periodo in cui l’affidabilità del trasporto marittimo è ai minimi storici, la scelta del partner logistico sia fondamentale. Se analizziamo il grafico sottostante, si evince come, seppur globalmente le performance di puntualità siano negative per tutti, esistono compagnie marittime che performano nettamente meglio di altre.

Autore: Stefano Milanese

Ingegnere Gestionale, da una decina d’anni si occupa di formazione dopo aver maturato una più che decennale esperienza con ruoli di responsabilità nelle aree Supply Chain e Logistica presso multinazionali leader nei settori consumer goods e fashion.

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Stefano MIlaneseL’incertezza nella Supply Chain

Crollo dei noli marittimi durante il 2022

on 3 Marzo 2022

A fine dicembre 2022 sono quasi cinquanta le settimane consecutive di calo dei noli marittimi come rilevato dal Drewry’s World Container Index. Possiamo vedere nel dettaglio come, ad esempio, il costo di trasporto di un container da 40’ da Shangai a Genova, nel giro di un anno, sia passato da circa 13.000$ a circa 3.000$. 

Le cause di questo andamento sono molteplici. Innanzitutto attualmente stiamo assistendo ad una riduzione della domanda di trasporto legata al rallentamento della crescita economica ad al trend dell’inflazione più alta mai vista da alcuni decenni a questa parte. 

Dietro a questo fenomeno c’è una seconda spiegazione che è possibile apprezzare analizzando i dati su un orizzonte di tempo più ampio. I livelli di costo raggiunti nel biennio 21-22 sono stati di gran lunga i più elevati mai raggiunti in passato a causa della pandemia da Covid-19 e le successive ripercussioni in ambito produttivo-logistico. Durante il biennio 21-22, rispetto ai valori pre-crisi, gli aumenti non erano più quantificabili in termini % bensì si esprimevano in x5 o x6 intese come di quante volte era aumentato il valore di un determinato trasporto rispetto al periodo del 19-20. 

Molti addetti ai lavori avevano infatti previsto un “naturale” ritorno alla normalità dei noli in concomitanza con lo stabilizzarsi della situazione sanitaria. 

La domanda ora è per quanto continueranno a scendere. Ma nessuno può ancora rispondere con precisione. Secondo la società di analisi Xeneta, la tendenza proseguirà, con “piccole riduzioni”, anche nelle prossime settimane. Xeneta, da parte sua, non indica una data di possibile arresto del declino delle tariffe dei contratti, ma spiega di prevedere ulteriori diminuzioni con l’arrivo del nuovo anno, anche in considerazione del fatto che i suoi analisti per il 2023 stimano una riduzione del 2,5% dei volumi trasportati complessivamente.

Gli aumenti del costo del trasporto marittimo negli ultimi due anni hanno contribuito notevolmente all’aumento dei prezzi dei beni, siano essi materie prime o prodotti finiti. In maniera eccessivamente semplicistica potremmo pensare che essi siano stati semplicemente “ribaltati” sui costi dei beni tangibili contribuendo in tal modo all’innalzamento del tasso di inflazione. In realtà si tratta di una visione parziale. Le conseguenze vanno analizzate su una prospettiva più ampia. A fianco degli aspetti economici vanno sottolineati anche gli aspetti legati al crollo dell’affidabilità (intesa come puntualità) del servizio di trasporto marittimo. Come possiamo vedere il dato di affidabilità è passato da valori attorno all’80% dell’anno 2019 al 30-40% dell’anno 2021. I ritardi medi sono raddoppiati da circa 4 giorni a 8. 

In conclusione, l’instabilità generata dalla pandemia sanitaria ha generato ben più di un proporzionale aumento dei prezzi causato da un aumento dei costi di trasporto; in alcuni casi ha comportato la necessità di aumentare oltremisura le scorte per garantire una continuità produttiva e di servizio. Dove questo non è stato possibile, ha causato delle vere proprie interruzioni delle catene di fornitura e conseguenti disservizi. In altri casi, ove economicamente sostenibile, degli shift modali a favore di modalità di trasporto più affidabili e costose. 

Anche da questo punto di vista la situazione durante il 2022 sembra essersi avviata con un trend positivo verso i valori del 18-19. Questo fatto, oltre che giovare alla continuità delle forniture delle nostre aziende, potrebbe anche parzialmente far riguadagnare parte della domanda di trasporto marittimo temporaneamente migrata verso altre modalità. 

Autore: Stefano Milanese

Ingegnere Gestionale, da una decina d’anni si occupa di formazione dopo aver maturato una più che decennale esperienza con ruoli di responsabilità nelle aree Supply Chain e Logistica presso multinazionali leader nei settori consumer goods e fashion.

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Incoterms 2020

on 3 Gennaio 2020

Dal 1 Gennaio 2020 al via la nuova versione degli Incoterms

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Stefano MIlaneseIncoterms 2020

Quali sono le migliori aziende per servizio in Italia

on 14 Novembre 2017

Molto spesso i clienti sono conquistati e motivati all’acquisto da uno di questi fattori: innovazione, design, prezzo. E proprio per questo motivo molti degli sforzi delle aziende sono volti al miglioramento di questi aspetti.

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Aziende premiate al Best Performance Award 2017

on 13 Novembre 2017

Sono stati annunciati ieri sera i vincitori dei Best Performance Award 2017, premio pensato da SDA Bocconi School of Management in partnership con J.P. Morgan Private Bank, PwC, Thomson Reuters e Gruppo 24 ORE, dedicato alle aziende eccellenti dal punto di vista economico, sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale, di governance e propense a sviluppo e innovazione.

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Storia una start-up italiana di successo

on 2 Novembre 2017

Quanto incide il prezzo sulle decisioni di acquisto on-line? L’80% degli acquirenti on-line sceglie il negozio basandosi sul prezzo. Risulta quindi fondamentale per il venditore monitorare attentamente il proprio posizionamento rispetto ai competitors.

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Corporate e Personal Storytelling

on 1 Ottobre 2017

Nel corso dell’anno appena concluso ho avuto il piacere di approfondire due libri sull’argomento dello storytelling scritti da Andrea Bettini ”Non siamo mica la Coca Cola ma abbiamo una bella storia da raccontare. Usare il Corporate Storytelling senza essere una multinazionale” e ”#Personal storytelling – costruire narrazioni di Sé efficaci” (co-autore Andrea Gavatorta).

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Stefano MIlaneseCorporate e Personal Storytelling

Moda – andamento dei ricavi dei primi mesi del 2016

on 5 Dicembre 2016

L’andamento dei primi nove mesi del 2016 per i ricavi dei primi player italiani nel settore della moda (quotati in borsa) mostra segnali complessivamente positivi. Altrettanto interessante sarà vedere il dato di marginalità dietro i ricavi. Da un’analisi di Market Insight.

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Stefano MIlaneseModa – andamento dei ricavi dei primi mesi del 2016